La scuola e le sue pecche.


Massimo Cacciari è, assieme a molti docenti, il firmatario della lettera inviata da oltre seicento docenti universitari, intellettuali ecc. al Presidente del Consiglio, alla Ministra all'Istruzione e al Parlamento nella quale ci si lamenta che gli studenti scrivono male.
Il filosofo chiarisce in un'intervista fatta dal quotidiano La Repubbica che la colpa non è degli studenti, ma di chi ha smantellato la scuola disorganizzandola.
Bisognerebbe ricordare ai firmatari che la scuola italiana fino al 1960 era considerata a livello internazionale, una delle migliori del mondo. Poi arrivò la contestazione sessantottina, fatta, però, da studenti indottrinati, che avevano studiato sui banchi di scuola con la Riforma scolastica fatta da un filosofo, Giovanni Gentile, professore universitario dal 1906, quindi in tempi non sospetti, all'università di Palermo. Inoltre, con Giuseppe Lombardo Radice aveva fatto una battaglia per il rinnovamento della scuola.
Negli anni Sessanta cominciarono i vari cambiamenti nella scuola pubblica con gl'innumerevoli Governi che hanno ridotto la scuola italiana ad uno sfacelo in continua crescita.
Dobbiamo riconoscere che nessuno dei governi di questa nostra nazione nel corso degli ultimi cinquant'anni, dagli anni Sessanta in poi, si è mai veramente interessato alla scuola per quello che rappresenta nel suo più intimo significato: istruire, formare i giovani che possano nel tempo migliorare l'Italia e renderla competitiva nel mondo.
La scuola è diventata un luogo di contrasti, conflitti, ridotta così da una politica, soprattutto di sinistra, che ha preteso di livellare tutti.
Storicamente, dopo la seconda guerra mondiale, il potere è passato dai politici agli economisti e, dopo, alla grande finanza, sempre comunque col consenso della politica, che forse non si era resa conto dell’abbandono dei reali valori umani.
Se a ciò aggiungiamo la globalizzazione (anche dell’informazione), ci rendiamo conto che tutti noi siamo diventati oggetti di consumo, senza tensioni morali e senza la capacità d’indignarci. In questa società, l’etica viene messa da parte ed anche la Chiesa non sempre è riuscita a non lasciarsi piegare alla logica del mercato.
Ecco perché la cultura è oramai anch’essa uno strumento di mercato, dimenticando la sua vera natura che è quella di cui parlavo all’inizio: creatività, crescita umana e sociale, civiltà.
Se non usciamo da questo mondo liberista e da questo spregiudicata economia di mercato, non ne veniamo fuori. E la scuola è la prima a farne le spese, come dopo la Buona scuola, voluta da Renzi, che ha dato al mondo dei docenti un’ulteriore mortificazione ed un abbassamento sostanziale di cultura, con programmi alleggeriti all’inverosimile. Tanto per farne un esempio, quello che la mia generazione studiava in un anno, ora viene semplificato a nozioni volanti insegnate in uno, massimo due mesi di lezione. Una catastrofe, grazie al governo di sinistra.
Non è marcia ed ignorante la classe dei docenti, ma quella politica. Imbelle, a livelli internazionali. Ci vuole una rivoluzione culturale che porti etica nella politica e che sgomberi la scuola dalle carte. Io ancora penso alla mia maestra e ad alcuni professori delle scuole superiori ed al fascino che esercitavano sulle nostre menti giovanili in tempi in cui si pensava di formare cervelli pensanti e creativi, tempi in cui esisteva uno Stato sociale con una partecipazione schietta, lavoro e, soprattutto una differenzazione dei poteri dello Stato. Cominciamo la rivoluzione, insegnando l’educazione civica fin dall’asilo, valorizziamo la famiglia e smettiamo di pensare alla scuola come un’impresa economica, ma piuttosto come un luogo dove agire a vantaggio degli studenti e non dell'economia. C’è da chiedersi se, invece, si ci sia la volontà di formare un popolo ignorante che non faccia paura a nessuno perché può essere deriso e plagiato. O forse perché nella politica, intelligenti pauca?

La Dama










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