E’ stato presentato nella sala Concerti del Comune della nostra città l’ultimo libro della poetessa Innocenza Sciarrotta Samà, che, parlando dei suoi versi,  ci confida che “la poesia cresce come l’uomo” .
La sua è una poesia in eterna evoluzione.
Nel  passato, Innocenza, aveva creato una poesia più intima, sofferta, che coincideva con più fattori: il classicismo dovuto ai suoi studi umanistici e la maturazione personale dovuta a dolorose vicende familiari.  Sentiva quasi una necessità di cantare i sentimenti nella poesia. Forse, l’aiutava a sentirsi viva.
Il trascorrere del tempo cambia tutti, anche lei ha subito un naturale mutamento della sua vita, fino ad arrivare lo scorso anno, a cantare il senso della storia, la tradizione, il mito e la religione.
Ora, a distanza di un anno, ecco una sua ulteriore crescita e relativo rinnovamento, che non devono esser visti come cambiamento, ma solo come evoluzione  del suo sentire l’esistenza.
Lei, prima, era la poetessa che creava il sentimento. Ora è il sentimento che crea la poesia. Lei, quasi si mette in disparte, come se fosse un tramite tra la parola poetica e il sentimento. Quel sentimento immenso che ti fa provare sensazioni indescrivibili, l’estasi, che significa proprio star fuori di sé.  Ma ha anche il significato di stupore. E Innocenza si stupisce e ci stupisce.
Si stupisce perché l’estasi l’ha portato a spostare il centro del suo interesse dall’impulso umano verso il labirinto della coscienza, quasi con una cupa vertigine esistenziale ed un anelito contemplativo che la spinge a considerare il binomio vita-morte come un trinomio, vita-morte-vita, un unico viaggio, attrattivo, ammaliante, non angosciante, ma un’unica, armoniosa percezione intellettuale in cui Innocenza  unisce l’universo alla vita stessa, alla rinascita e all’eternità.
 La sua voglia di estasi è un’ispirazione illuminante, non improvvisa come l’orientale Haiku di influenza zen, che  considera quasi un brivido momentaneo l’illuminazione, che pure si raggiunge a fatica e dopo lunghe meditazioni.
L’estasi di Innocenza non ha la caratteristica della brevità. E’ una trasformazione dell’essere,  non un momento di emozione in una quotidianità quasi monotona, ma un’ispirazione di vita. Una meditazione poetica che cresce con la vita, come la poesia, come Innocenza, che non finirà mai di stupirci.
Consapevole degli anni che passano, nelle sue poesie troviamo spesso parole come cipressi, tramonto, nocchiero di Acheronte, tempo fuggitivo, ecc.
Parole che ci fanno intuire le sue sensazioni forse di ansia, forse di paura, forse di speranza o forse ancora di gioia. Quali le certezze? Non ce ne sono. Forse i suoi versi, questi ultimi che raccontano la voglia di esserci e di parlare “dall’altare della poesia”.
Innocenza scrive per i critici. Ama che ognuno esprima le considerazioni che prova leggendo i suoi versi.
I premi letterari non le interessano. Con tale affermazione fustiga involontariamente tutto il sistema di vita pubblica ed una classe di uomini che amano più apparire che essere, più essere celebrati che essere capiti. E noi tutti sappiamo che per essere premiati spesso bisogna appartenere ad un partito politico, ma soprattutto parlare con le parole scritte alla massa e non all’amante della poesia che per forza di cose deve essere sensibile, profondo, a volte critico, a volte anche cattivo, ma almeno competente.
Lei stessa, quindi, diventa critica di se stessa e sceglie liberamente a chi offrire la sua poesia. A tutti.
A tutti quelli che abbiano voglia di sognare e di crescere con lei.
La sua crescita l’ha condotta nel tempo alla vecchiaia. Ma non è da tutti invecchiare con dignità. “Ci vuole talento per invecchiare” sostiene ed il pubblico presente applaude alla vecchia saggia col cuore di adolescente, che ama ancora creare e programmare per se stessa e per gli altri.
Quegli altri, cioè tutti noi, che curiosi aspettiamo ancora qualche altro suo libro per sentirla declamare ancora versi dalle parole scarne, quasi nude, coperte di niente, se non del concetto che lei vuole esprimere, come  fece il greco Mimnermo con le sue elegie tenui.
Vuole stupire e ci stupisce, perché lei stessa è diventata un personaggio quasi esoterico, che traduce i geroglifici del mondo e li spande come petali di rose su tutti noi, che, commossi, ci  arricchiamo, fiutando le più segrete intenzioni del loro profumo.
Norma Aleni Caroleo

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