L'ORO DI MOSCA E I SUOI MISTERI.

Mentre l'Italia tutta era ancora sconvolta per la morte del giudice Giovanni Falcone, ucciso in modo troppo plateale per essere un delitto di mafia, vi fu un importante imbroglio della politica a danno della nostra economia.
Ma questa è una storia diversa di cui parlerò un'altra volta.
Ora, voglio ragionare con voi sull'assassinio del giudice Falcone e della situazione non serena che viveva nelle aule di tribunale, dovendo sopportare le illazioni di una parte di colleghi con un linciaggio continuo, come egli stesso confidò a Francesco Cossiga. 
Leoluca Orlando fu uno di quelli che l'osteggiarono maggiormente, perché voleva diventare "il vero ed unico paladino dell'antimafia" come scrive Maria Falcone nel suo libro "Giovanni Falcone, un eroe solo".
Quell'odio nato, secondo quanto dichiarato dall'ex ministro Martelli, nella trasmissione Anno Zero, dal fatto che Falcone avesse arrestato l'ex sindaco  Ciancimino, che continuava a fare affari col nuovo sindaco Leoluca Orlando, come lo stesso magistrato aveva sostenuto al Csm, quando si era dovuto difendere dalle accuse fattegli contro, nelle varie trasmissioni televisive, come quelle di Santoro che mieteva audience sulle bugie di alcuni contro un onesto galantuomo.
Le accuse e l'esposto al Csv contro di lui, vennero tutte dal Movimento per la Democrazia, detto La Rete, partito politico di sinistra, che comprendeva i detrattori, Nando Dalla Chiesa , Claudio Fava, Alfredo Galasso, e Diego Novelli, oltre Orlando.
Mi sono sempre chiesta come si debbano, ora, sentire questi personaggi, guardando una foto di Falcone, che, nonostante loro, oramai appartiene alla Storia. 
Giovanni Falcone fu ucciso il 23 maggio 1992 assieme alla moglie e tre uomini della scorta.
L'ottavo Presidente della Repubblica, Cossiga, ci fece capire il perché di quella strage: Falcone stava indagando sul finanziamento al partito comunista italiano.
L'incarico gli era stato dato dallo stesso Cossiga, allora capo dello Stato e consisteva nell'indagare sul cosiddetto "oro di Mosca", cioè sui soldi (989 miliardi di lire) versati dalla Russia in quaranta anni alla Sinistra italiana. Una somma enorme, spedita  dal Fondo di assistenza internazionale ai partiti e alle organizzazioni operaie, al PCI dal 1951 al 1989 e al PDS dal 1989 fino al 1991.
Falcone sarebbe dovuto partire per la Russia i primi giorni di giugno e si sarebbe dovuto incontrare col procuratore generale della Federazione russa, Valentin Stepankof.
Logicamente alcuni nostri parlamentari di sinistra dissentirono da quanto dichiarato da Cossiga, non tenendo conto, però, del cordoglio espresso sui principali giornali russi dallo stesso procuratore Stepankof, che aveva già avuto contatti telefonici con Falcone, prima della strage, organizzata con trecento chili di tritolo.
Troppo tritolo per una sola persona da disintegrare e questo ci induce a pensare che non è stato un delitto di mafia. 
Cosa Nostra avrebbe usato una sola pallottola. Al momento opportuno, magari quando il giudice si fosse trovato a Roma, senza compiere una strage, indipendentemente da quanto possa asserire qualche pentito megalomane e sprecone. 
Un colpo, magari due, da un balcone, da un'automobile, ma treecento chili di tritolo sono  troppi. Uno spreco assurdo, anche di vite umane. 
E poi, se l'arrivo del giudice era coperto dal più rigido riserbo, chi ha tradito da Roma? Da quanto tempo si preparava la strage? Chi poteva sapere quale aereo avrebbe preso Falcone per rientrare a Palermo? Misteri che mai saranno risolti, così come l'oro di Mosca. 







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